Se il fast food di fama mondiale per eccellenza McDonald’s sostituisce le storiche cannucce di plastica con le più eco-friendly realizzate in carta, non c’è da stupirsi della corsa generalizzata all’utilizzo di materiali ecologici.

In questo periodo di accelerata espansione dei giganti dell’e-commerce, anche questi si sono trovati a fare i conti con l’ondata green che ha investito i media di tutto il pianeta e con gli obiettivi di transizione ecologica previsti dalle organizzazioni mondiali, tra cui l’Unione Europea, che nella strategia per il 2030, ha posto tra gli obiettivi primari il passaggio ad un packaging sostenibile.

Si sa, l’occhio vuole la sua parte. Il packaging ha sempre avuto un ruolo importante nel convogliare l’attenzione delle platee di consumatori verso un prodotto piuttosto che un altro. D’altronde, una bella confezione coadiuva la strategia di marketing nell’intento di suscitare bisogni che il consumatore nemmeno pensava di avere. Per molte aziende, l’imballaggio è tanto importante quanto il prodotto, anzi, fa proprio parte delle “cinque P” del marketing mix: prodotto, prezzo, promozione, place e packaging.

Oggi il ruolo dell’imballaggio non è più solo quello, però. La confezione deve anche essere eticamente corretta e connessa ai temi di sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Deve prendersi cura dell’ambiente, proprio come il consumatore intende idealmente fare attraverso il suo utilizzo. L’imballaggio green è quello che da rifiuto sa trasformarsi in una risorsa, perché guadagna una seconda vita.

Largo allora agli imballaggi eco-compatibili. Ma è davvero sufficiente utilizzare carta riciclata per raggiungere la sostenibilità? Certamente no, ma è un punto di partenza, insieme ad altri passaggi che prevedono:

  • L’utilizzo di materiali riciclabili e i innovativi;
  • La riduzione del peso e del volume del packaging;
  • Una supply chain sostenibile;
  • Un design del packaging che favorisca il riuso.

Partiamo dalle origini…

Al principio era Greta Thunberg

Magari non proprio al principio, ma è soprattutto grazie all’interesse generatosi attorno alla figura della allora quindicenne attivista svedese se il tema eco-sostenibilità è passato ad essere uno dei temi centrali del dibattito etico-politico-economico dei nostri giorni.

Forse neanche Greta avrebbe immaginato che sarebbe bastato marinare la scuola quel 20 Agosto 2018, piazzarsi col suo cartellone davanti al Parlamento svedese (con tanto di scritta a mano “Sciopero per il Clima”) e urlare proprio davanti ai potenti: “Come posso andare a scuola per migliorare il mio futuro se il mio futuro è a rischio?!” per dare il via a uno tsunami mediatico che avrebbe coinvolto la gente comune ed investito le aziende e le corporation di tutto il mondo.

 “Sostenibile”: in che senso?

Il concetto di sostenibilità si riferisce ad uno dei temi cardine dello sviluppo del pianeta nei prossimi decenni, ed investe, nella sua complessità, tutti i settori dell’economia mondiale, da più punti di vista. Tanto per semplificare, un progetto, un prodotto o un servizio si può ritenere “sostenibile” almeno in tre sensi: ambientale, economico, sociale.

E scopriremo insieme che, parlando di sostenibilità associata al packaging, verranno investiti tutti i tre significati.

Partiamo dal primo: un imballaggio si definisce eco-compatibile se utilizza materiale riciclato, biodegradabile, proveniente da fonti rinnovabili e il cui eco-design si integri nell’economia circolare. Sostenibili sono prodotti che non necessitano di imballaggi aggiuntivi, che possano essere contenuti in packaging flessibili, più leggeri e adatti allo smaltimento nella raccolta differenziata.

Secondo: l’adozione del packaging sostenibile denota responsabilità sociale da parte dell’impresa.

In questo contesto, le aziende che impiegano un packaging sostenibile potenziano la loro brand reputation ottenendo un ritorno economico. Da una recente indagine divulgata su “Forbes” è venuto fuori che nove leader su dieci hanno piena consapevolezza del fatto che i consumatori più giovani criticano fortemente le aziende che non abbiano previsto un programma di tutela per il pianeta. Secondo l’ “Harvard Business Review”, il 65% dei giovani preferisce comprare prodotti da brand che sostengono la sostenibilità ambientale.

Tradotto: la responsabilità sociale d’impresa, dunque, genera una crescita nelle vendite, a maggior ragione nel comparto dello shopping online, dove un packaging creato con materiali innovativi sostenibili stimola le vendite. Secondo una ricerca Nielsen Global Survey of Corporate Social Responsibility and Sustainability (2019), è un fattore che fa crescere le vendite (+4%) rispetto alle aziende che non scelgono gli eco-imballaggi (+1%). Già nel 2019 la tendenza dei consumatori era a favore dei brand più responsabili socialmente.

Non solo carta

All’ormai consolidato uso della carta riciclata vediamo affiancarsi quello di numerosi altri materiali innovativi quali funghi, alghe marine, scarti di avena, nanoclay, lignina, semi di cacao, canapa per citare i più largamente utilizzati.

Le tendenze nella scelta dei materiali innovativi per il packaging sostenibile sono:

  • l’utilizzo di materiali (come il cartone ondulato) che riducano al minimo gli imballaggi (nel peso e nei volumi) senza compromettere le prestazioni complessive e favoriscano l’upcycling per un riutilizzo creativo;
  • la ricerca di materiali organici, addirittura commestibili, per raggiungere l’ambizioso obiettivo del zero waste (rifiuti zero), e conferire al packaging una nuova estetica green con un’eco-design ricercato, in grado di catturare l’attenzione di consumatori sempre più esigenti, magari attraverso il 3D printing;
  • la Ricerca e Sviluppo nel campo dei materiali con proprietà anti-batteriche;
  • l’uso dei materiali personalizzabili per arricchire la customer experience dell’e-commerce o un packaging d’effetto per assicurare un’emozionante storytelling in fase di unboxing (i video di apertura delle scatole sono tra i più cliccati sui social media);
  • l’introduzione di tecnologie riutilizzabili nel packaging: sensori, etichette Rfid, sistemi Gps, display che aggiornano gli indirizzi, per facilitare il riuso degli imballaggi;
  • il packaging digitale via QR code, che aiuta i brand a comunicare con i consumatori e a combattere la contraffazione perché permette ai consumatori di verificare le origini del contenitore e capire dove smaltire l’imballaggio, in modo da favorire il riciclo, ed aiuta le aziende a comunicare l’impegno dei brand verso la sostenibilità;
  • il packaging monomateriale: per evitare il dis-assemblamento prima dell’avvio al riciclo;
  • l’impiego di nanotecnologie per migliorare il confezionamento degli alimenti sotto forma di proprietà barriera e meccaniche.

Sua eccellenza l’Alluminio

Fra tutti i materiali riciclabili – dunque ecosostenibili – l’alluminio è sicuramente il meno citato e osannato. Il colore decisamente poco green e il fatto che sia pur sempre un metallo, non devono certo renderlo particolarmente appetibile o associabile a cause ambientaliste da prima pagina. Eppure l’alluminio è il materiale riciclabile per eccellenza.

Vediamo perché. Innanzitutto l’alluminio si presta ad essere riciclato al 100%; durante il processo mantiene intatte le sue proprietà e conseguentemente garantisce un riutilizzo pressoché infinito.

Anche i fogli di alluminio o le vaschette per uso alimentare che vanno a finire nella raccolta indifferenziata di centinaia di migliaia di famiglie, solo in Italia, una volta ripuliti dai residui di cibo, rientrano nel ciclo – sarebbe il caso di dire “riciclo” – produttivo senza il minimo decadimento, offrendo un nuovo prodotto con le medesime caratteristiche del primo. Particolarmente utilizzato nel packaging per le sue straordinarie proprietà, l’alluminio è impenetrabile ai liquidi, è leggero e plasmabile, tiene il calore (in quanto ottimo isolante) ed è uno dei materiali più indicati per il delivery in generale.

Come faccio a sapere se un brand è ecosostenibile?

Se avete seguito questo articolo dovreste già aver intuito la risposta.

Come principio base, i brand sostenibili non si vergognano di esserlo. Al contrario troverete in bella mostra sulle loro etichette, confezioni e quant’altro, la loro anima green prontamente sbandierata con l’ovvio intento di attrarre il consumatore.

Sarebbe buona norma – ed è quindi è altamente consigliata – una verifica sul loro sito. In particolare, una lettura approfondita della sezione About / Su di Noi, non dovrebbe lasciar spazio a dubbi sull’effettiva responsabilità sociale dell’azienda.

Nell’ambito della moda, ad esempio, se una grande azienda si professa come sostenibile, dovrebbe, quanto meno, possedere alcune certificazioni tessili. Tra le più rinomate Bcorp, Global Organic Textile Standard e World Fair Trade Organization.

Per i più pigri, consiglio il sito goodonyou che offre una interessante rassegna – dal più al meno etico – dei principali marchi di moda.

 

Vito Domenico Amodio